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VV.AA. 20 Years Too Soon: A Tribute To The Nomads Cover
Artist: Various Artist
Album: 20 Years Too Soon: A Tribute To The Nomads
Label & Pubblication Year: Wild Kingdom/Big Bongo Record, 4 Novembre 2003
Tracklist: The Dictators - 16 Forever / Electric Frankenstein - Can’t keep a bad man down / The Hellacopters - Pack of lies / Maryslim - The good stuff / Nitwitz - Top alcohol / The Severgrooves - Where the wolf bane blooms / Sickidz - Wasn’t born to work / Silvermachine - Rollercoaster / Sons Of Cyrus - The fast can’t lose / The Dontcares with Blag Dahlia - Real gone lover / Super Cricket - My deadly game / The Robots - Knowledge comes with death’s release / X-Rays - Don’t pull my strings / Yucca Spiders - Surfin’ in the bars / Voladoras - The way (you touch my hand) / Bob Hund - Min lon Kommer fem ar forsent (Five years ahead of my time)
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Ecco arrivare grazie a Big Bongo Records, Wild Kingdom Records e Sound Pollution Distribution il tributo per celebrare i 20 anni di carriera dei The Nomads: vetusta creatura di fondamentale importanza per la scena rock’n’roll scandinava. Vi invito a far visita al The Nomads Official Website per avere informazioni più dettagliate sulla carriera di questi kings of rock’n’roll. La compilation che mi trovo fra le mani vede la partecipazione di grandi nomi miscelati ad una manciata di bands underground di ottimo spessore. Così il tentativo, di portare all’attenzione di un pubblico più ampio possibile qualche talentuoso nuovo nome, avvalendosi dell’espediente “mostri sacri” (leggasi presenza di The Dictators, The Hellacopters etc.) mi consente di lodare l’operato delle labels sopraccitate e di smettere per una volta i panni di convinto detrattore dei tribute albums messi in piedi a solo scopo “raschiatura fondi di barile!

Si parte a sprone battuto con i The Dictators che si riappropriano della loro “16 forever”. Il rapporto fra le due bands è sempre stato ottimo, vi ricordo infatti che i The Nomads, non solo portarono in giro questa song scritta originariamente da A.Shernoff, S.Kempner e A.Friedman ma coverizzarono “The next big thing” e condivisero alcune volte il palco con la lo storico combo newyorkese. “I grandi maestri” The Dictators incidono per la prima volta “16 forever”. Lo fanno nel loro stile, riverniciandola con il loro particolare tocco, con la voce di Manitoba incredibilmente capace di passare da tonalità quasi melense sino alle coordinate più ruvide e tipiche. Non servono tante parole “16 forever” è nata con quel coro catchy giusto per fare festa ed ora che i padroni se la sono ripresa l’effetto “cantatina immediata” viene ulteriormente amplificato!
Ecco che ci ha raccontato lo stesso Andy Shernoff, mente dei The Dictators. “Registrammo “16 Forever” verso la fine del 1978, ma poi non è stata mai mixata. Poco dopo venimmo licenziati dalla Elektra Records, così della song si persero le tracce. Ad ogni modo alcuni dei suoi rough mix provvisori cominciarono a girare tra i nostri fans e negli anni 80 in Scozia agì anche una band chiamata 16 Forever. Ad ogni modo i Nomads entrarono in possesso di uno di quei rough mix ed ebbero il buon gusto di registrare la song durante gli 80’s. Di lì in poi ci scordammo completamente di questa song, fin quando Nicke (Vahlberg, storico chitarrista e cantante dei The Nomads) non ci ha chiesto di registrarla per il questo tributo”.

La veloce “Can’t keep a bad man down” (tratta da “Up-tight” del 2001) ci viene riproposta in una versione più potente e grezza dagli statunitensi Electric Frankenstein. A donare questa sporcizia aggiuntiva ci pensa la grezza voce di Steve Miller, un vero animale da palco. Una buona canzone che gli amanti delle sonorità high energy punk’n’roll tipiche di questa band originaria del New Jersey non dovrebbero lasciarsi sfuggire.

Quando arriva il turno dei The Hellacopters la differenza fra cover ed originale è veramente ridotta al lumicino. Potremmo dire che gli Hellacopteri hanno smussato con i loro ultimi suoni “a tutto tondo” certe asprezze che rendevano terribilmente affascinante la primordiale versione di “Pack of lies” (’97). Così non li promuoverei a pieni voti. Probabilmente in questa occasione sarebbe servita, un pizzico in più, la carica corrosiva di “Supershitty to the max” ed un po’ meno l’evoluzione più soft degli ultimi pur ottimi lavori.

Grande impressione mi viene invece suscitata dai Maryslim che rivedono la grande “The good stuff” (tratta da “Big Sound 2000” del ‘99) portandola su coordinate ancora più attuali in stile ultimi Backyard Babies. La song si tinge così di lievi tinte punk e viene spezzata da un break centrale con tanto di voce filtrata. Il chorus originale viene interpretato alla perfezione giungendo così ad un risultato finale estremamente coinvolgente. Insomma i Maryslim insegnano come sfruttare al meglio l’oro regalatoci, pochi anni prima, dai The Nomads!

Arrivano così i temibili olandesi Nitwitz, la cui carriera è spezzata in 2 tronconi: il primo dal 1978 al 1982 ed il secondo a partire dalla reunion del 1996 sino ad oggi. La band formata da Benito Gasolini, Dick Ginger, McSteven e Tony Slug si cimenta con un'altra song da sogno a titolo “Top alcohol” (tratta da “Up-tight” del 2001). I Nitwitz lasciano quasi del tutto inalterata la song originale, rendendola lievemente più raw’n’wild nel cantanto ed inserendo una parte pervasa da un recitato alquanto sboccato. I Nitwitz rivedono con intelligenza, senza snaturare e mostrano buone doti tecniche ed attitudinali. Promossi!

Ecco gli svedesi The Sewergrowes band composta attualmente da Kurt Drackes (lead guitar, lead vocals), Packe Wahlqvist Rhythm (guitar), Fredrik Hartelious (drums) Andreas Broman (bass) e nella quale ha militato Robert Eriksson ovvero Robban (batterista dei The Hellacopters). I nostri vanno a prendere la vetusta “Where the wolf bane blooms” (tratta dal mini Lp “Temptation pays double del 1984). Una song dal mood notturno che i Sewergroovers, ne impreziosiscono ne impoveriscono, riproponendocela tale e quale all’originale. Sicuramente di classe ma a volte un pizzico di “idee” e coraggio in più non guasterebbero…

Dai lontani fine 70’s e primi 80’s, direttamente da Philadelphia, rispuntano i redivivi punk rockers Sickidz riformatisi all’alba del 21° secolo con tre dei membri originari: Mick Cancer (vocals), Rich Lustre (guitar, ex-drum), Tim Trauma (bass) e 2 nuovi elementi: Sir Robert Emmett Bell (guitar) e Nurse Betty Gee (drums). I nostri sfaticati pescano nel “grande libro” dei The Nomads la eloquente “Wasn’t born to work” (tratta da “Sonically speaking” del 1991). Riffoni squadrati, batteria sugli scudi, ritmi incalzanti e ottime melodie per una song da ovazione totale. I Sickidz danno alla luce una versione ridotta all’osso ma ugualmente coinvolgente dimostrando di essere una band che bada al sodo.

I Silvermachine sono, se non vado errato, la band di Robert Dahlqvist, meglio conosciuto come chitarrista dei The Hellacopters. I nostri seguono le orme dei precedenti Sickidz e vanno a ripescare “Rollercoaster” dal medesimo capitolo della saga Nomads. Ogni elemento originale viene gelosamente custodito e riproposto secondo la migliore tradizione. Se da un lato i Silvermachine evitano di giocare la carta “farina del proprio sacco” dall’altro ci mettono di fronte ad una prova di indubbio talento e capacità. Promozione d’attitudine!

E’ il turno dei, manco a dirlo svedesi, Sons Of Cyrus, band arrivata al debutto sulla lunga distanza nel 2002 con il full lengt omonimo. La band composta da Loverboy (vocals), Mackie The Mac (bass), Loco Lopez (guitar, backing vocals) e Topi The Kat (drums, percussion) si cimenta con “The fast can’t lose” (tratta da “Big Sound 2000” del ‘99) traendone buoni risultati. I chorus perdono leggermente l’enfasi originaria mentre sul piano della grinta i Sons Of Cyrus non si risparmiano affatto. I ragazzi dimostrano ottime capacità tecniche e un guitar working ispirato. Sono proprio questi elementi a fare guadagnare un posto al sole a Loverboy e soci…

Chi fin ora ha pazientato aspettandosi la band che “mette il pepe” non rimarrà sicuramente deluso dai The Dontcares fuori con il loro primo full-lenght album a titolo “Ugly...but well hung!!!” su Big Bongo Records. Rexxx $uperior (guitar & vox), Dolt Dolorez (guitar & back vox), Goddamned Daniel (bass & back vox) e Kekko The Hitman (drums) in questa occasione coadiuvati dalla special guest Blag Dahlia (The Dwarves) sono abitualmente dei pestatori senza mezze misure, autori di un punk’n’roll velocissimo, pesante e rozzo. Con molta intelligenza i ragazzi si sono andati ad accaparrare “Real gone lover” (tratta da Outburst del 1984) che grazie alle caratteristiche originarie ben si presta alla loro interpretazione extra energica. Se cercavate la band che ripropone, una song di 20 anni fa, con la propria ottica ora l’avete trovata. Consigliata a tutti quelli che non abbassano mai il volume!!!

Come ben sapete i tributi possono anche essere visti come una specie di “battle of the bands” ed il sottoscritto non si può esimere, in questo caso, dal decretare i fortunati vincitori di questo fantomatico trofeo (destinato solo alle bands meno conosciute e underground). Bene rullo di tamburi in onore dei superbi Super Cricket! Questi tre ragazzi che corrispondono al nome di Stefan Johansson, Andreas Tollwé e Jens Schildt, fuori da febbraio 2003 con il loro primo full-lenght a titolo "Coming out from the woods!" su Big Bongo Records, sono davvero una forza della natura. Maturità, capacità vocali e strumentali di alto livello confluiscono nella bellissima e coraggiosa cover di “My deadly game” (tratta da “All wrecked up” del 1989). Il terzetto riesce nella difficilissima impresa di non fare rimpiangere il colossale impatto emotivo di questa perla immortale del rock’n’roll. The Super Cricket are the champions!!!

Spuntano subito dopo I The Robots band nata nel 1990 e che a visto militare fra le sue file Roger Crossler (attualmente negli Speedfreaks). Attualmente la band è composta da Odd De Cologne (vocals, con precedenti collaborazioni con i The Nomads) , Frank Xerox (guitar), Peter The Eater (bass) e Piotr The Motor (drums) la cui ultima fatica dovrebbe essere targata 2000 grazie al full-lenght “Day of The Robots” uscito per l’oramai defunta Man’s Ruin (oserei dire una label dal nome profetico!). “Knowledge comes whit death’s release” viene punkizzata e velocizzata togliendole in parte la natura originaria e profondamente decadente. I The Robots sono certamente una buona band ed il loro tentativo di rivedere in modo personale la song in questione va comunque lodato. Peccato soltanto che questa volta la main board sembra proprio non avere funzionato: magari un transistor andato a male ha provocato un cortocircuito di troppo!

Miracoloso evento giunge alla songs numero 13 quando a fare la loro comparsa sono gli inglesi (da Nottingham per la precisione) X-Rays che spezzano l’egemonia scandinava. Questa band ha alla spalle ben 3 full lenght: Speed Kills del ’95, Double Godzilla With Cheese del ’96 e Going Postal del ’99 uscito per la Saddle Tramp etichetta personale del leader e cantante Gary X-Ray. I nostri si impegnano con “Don’t pull my strings” song tratta dal full lenght “Big sound 2000” e scritta a due mani da Froberg e dal fido Chips Kiesbye (Sator, Pannine etc.). Gli X-Rays sono una raffica di affilati guitar solos e pregevoli riffs. Questi portavoci dell’ attitudine punk “spaccano” veramente senza pietà e se sul primo scalino del podio restano i Super Cricket loro arrivano 2° per qualche nanosecondo. Medaglia d’argento…

Non poteva ovviamente mancare l’incursione in territorio tedesco ed ecco sopraggiungere gli scatenati Yucca Spiders che per complicarmi ulteriormente la vita hanno un bel sito scritto esclusivamente in tedesco. Posso con certezza dirvi che la band è composta da Val, Dr.Morton e dalle avvenenti Suza Growl e Sandrooshka. Gli Yucca Spiders si vanno a riprendere addirittura, la per me fondamentale, “Surfin’ in the bars” (tratta da Hardware del 1987). Guidati da un cantato in stile Elvis ubriaco, supportato dalle pregevoli e catchy background vocals al femminile, da una batteria che sale sugli scudi a livello del refrain per dettare rapide accelerazioni e da guitars ridotte all’osso questi tedeschi danno vita ad una specie di teatrino del minimale e dello “sboccato”. Aggiungendo che i nostri mostrano pure il coraggio di rivedere, secondo la loro volontà, “Surfin’ in the bars” senza per altro distruggerla riassumo il tutto con la formula: “pazzoidi, strampalati e vincenti”. Al sottoscritto sono sempre piaciute le band “diverse” e “malate”. Gli Yucca Spiders, sono una fulgida realtà fra di esse e si meritano il 3° scalino del podio ed una medaglia di “alienato s-bronzo”.

Sulle ultime andiamo ad esplorare il mondo punk-garage glam, molto 60’s, delle svedesi Voladoras. La band è formata da La Novicia (vocals, guitars), Dona Tella (growling, guitar), Sue-Ella (bass) e La Bomba (drum), si cimenta con la vetusta “The way (you touch my hand)”. Le bambole nordiche hanno classe: probabilmente a livello di preparazione tecnica e qualità sono proprio loro a meritare di salire sul terzo gradino del palco, però non osano troppo e così si devono accontentare di un bel mazzo di rose. Comunque tenetegli gli occhi addosso (che avete capito maliziosi?), il futuro potrebbe essere loro!

A concludere ci pensano da Stoccolma i Bob Hund che oramai sono in giro dagli inizi degli dei 90’s. I nostri si cimentano con il cantato in madre lingua probabilmente dando vita alla versione più grezza e visionaria, del pianeta, di “five years ahead of my time”. Non ho infos in merito ma a quanto pare questa song è stata registrata live durante qualche show della band. Anche questo delirio è pur sempre rock’n’roll!

Una compilation consigliata agli amanti dei The Nomads, a coloro che vogliono scoprire le qualità di qualche nuova scalciante bands e d’obbligo per coloro che i The Nomads non li conoscono affatto. Ed ora risuonino in ordine l’inno nazionale svedese, inglese e tedesco…

Recensione Realizzata da Bruno Rossi.

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